Marco: Ciao Federica! Innanzi tutto grazie di aver accettato di raccontarci la tua esperienza con i bradirapidi.
Federica: Buongiorno Marco, e buongiorno a tutta la grande famiglia dei Bradirapidi. Grazie a voi per avermi intervistato, ma soprattutto per avermi permesso di fare una tesi sperimentale del genere, sono felicissima di essere qui oggi ma soprattutto di avervi seguito per sei mesi!
Marco: andiamo con ordine. Come ti è venuto in mente di scrivere una tesi sulla malattia di Parkinson, e perché proprio i bradirapidi?
Federica: ho scelto questo argomento pensando e ricordando mio nonno che aveva questa malattia. Avevo solo 6 anni e non capivo di cosa si trattasse… Se solo fosse ancora qui l’avrei introdotto sicuramente nella vostra grande famiglia facendolo partecipare alle vostre attività tra cui il Parky Touch Rugby. I bradirapidi sono stati la mia scelta perché dopo aver visto un allenamento da subito mi siete entrati nel cuore; appena sono andata via dal campo ho telefonato ai miei cari raccontando di voi con un grande entusiasmo, quindi non potevo che fare una tesi su di voi.
Marco: avendo avuto delle esperienze nell’ambito della ricerca universitaria io stesso, e avendo accumulato nel tempo una certa competenza sul tema “malattia di Parkinson”, ho letto la tua tesi con attenzione e interesse. La prima cosa che ho notato è che nel primo capitolo, che descrive la malattia, la sua eziologia, la sua diagnosi, e le più importanti terapie, operi una sintesi molto efficace e allo stesso tempo fruibile da chiunque di questa patologia che, seppur ancora non molto conosciuta, risulta seconda solo all’Alzheimer per prevalenza sulla popolazione. La domanda che vorrei farti, però, è sul secondo capitolo, che parla del movimento affiancato alla terapia farmacologica. Quale è stata la tua esperienza in proposito? Cosa ti senti di dire ai tanti parkinsoniani che pensano che il movimento non sia per loro?
Federica: L’attività fisica, come riportato in diversi studi scientifici, è un’ottima terapia complementare a quella farmacologica, ed è in grado di contrastare i sintomi della malattia. In particolare avendo avuto modo di assistere ai vostri allenamenti di Parky Touch Rugby ed essendo stata a diretto contatto con voi mi sono resa conto, ed i risultati dei questionari ne sono la conferma, di come uno sport di squadra possa essere ancora più efficace di una semplice ginnastica individuale e di come durante l’allenamento ognuno di voi riesca ad esprimere al meglio se stesso con scioltezza e disinvoltura dimenticandosi di avere questa malattia. Durante l’attività fisica ed in particolare durante il Parky Touch Rugby si sviluppano sia abilità neuromotorie che cognitivo-relazionali che a lungo termine migliorano lo stato di salute e la qualità della vita dei soggetti.
A tutti i parkinsoniani che pensano che il movimento non sia per loro vorrei dire di mettere da parte l’imbarazzo e di muoversi il più possibile perché solo così è possibile ridurre l’impatto degli importanti sintomi di questa malattia. Attraverso il movimento si allena non solo il fisico, ma anche la mente, e quindi si migliorano la capacità di concentrazione, la memoria, e l’autostima. Il Parky Touch Rugby è fruibile a tutti, è facile da praticare , ci sono semplici regole da ricordare, e costituisce un allenamento molto completo ed efficace.
Marco: E veniamo al terzo capitolo, che descrive il tuo studio sperimentale su di noi. Potresti brevemente descrivere le premesse importanti e riassumere i risultati?
Federica: Il mio obiettivo è stato quello di valutare l’efficacia del Parky Touch Rugby applicato e adattato ai soggetti con Malattia di Parkinson. Ho somministrato ai dieci soggetti di studio due questionari sulla qualità della vita e sullo stato di salute per comprendere se e quali benefici potesse apportare la pratica costante di questa disciplina. Dai risultati dei test effettuati prima di iniziare il periodo di allenamento e a distanza di sei mesi è possibile dedurre come la capacità di movimento abbia avuto uno sviluppo positivo, migliorando quindi la deambulazione. E’ migliorata la cura della persona e come conseguenza c’è stato un aumento dell’autostima in tutti i soggetti. L’ansia e la depressione (sintomi classici della malattia) sono diminuite vistosamente come anche l’imbarazzo di avere in pubblico questa malattia. Lo stato di salute percepito dai soggetti è migliorato come anche la capacità di concentrazione durante le attività di vita quotidiana. Questo tipo di attività ha un effetto positivo sulla sfera psicologica dei soggetti. La pratica del Touch Rugby è di grande beneficio.
Marco: grazie per aver deciso di scrivere una tesi su di noi. Ne siamo particolarmente felici perché, seppur consci dei benefici che il Parky Touch Rugby ci porta nella vita di ogni giorno, è bello vedere che uno studio scientifico lo confermi.
Per chi fosse interessato a leggere la tesi di Federica, sappiate che è possibile scaricarla da qui in formato pdf.
Ti auguriamo di cuore tutto il meglio per la tua vita e la tua carriera. A presto!
Federica: Grazie a tutti voi per tutto e spero di continuare questo studio potendo anche fare ulteriori valutazioni. Insieme siete arrivati alla meta… Continuate così!