La dottoressa Silvia Iacovella è logopedista e linguista, docente presso il corso di Laurea in Logopedia dell’Università La Sapienza di Roma. Attualmente svolge la sua professione di logopedista presso il DH neuromotorio dell’IRCSS San Raffaele Pisana. Si occupa in particolare di pazienti con problematiche neurologiche e tra essi soprattutto dei pazienti affetti da malattia di Parkinson. Approfittiamo della sua gentilezza e disponibilità per rivolgerle alcune domande.

Innanzitutto cos’è la logopedia? Per molti parkinsoniani si tratta di un incontro – e di una “scoperta” – che avviene solo dopo aver ricevuto la diagnosi definitiva della propria patologia. Tu, Silvia, fra l’altro sei approdata a questa disciplina dopo una laurea in glottologia: cosa ti ha portato dalla linguistica alla logopedia?
Salve, grazie per avermi dato la possibilità di dialogare con voi su tematiche “logopediche” che purtroppo molto spesso vengono sottovalutate o non considerate perché poco conosciute. Cos’è dunque la logopedia? La logopedia è etimologicamente la paideia, cioè l’‘educazione’, del logos, concetto che, dalla filosofia greca classica, raccoglie in sé il duplice significato di ‘pensiero’ e ‘parola’. Quindi il logopedista è colui che si occupa della (ri)educazione del linguaggio, inteso sia come atto motorio (cioè respirazione, fonazione, movimenti articolatori, voce…) sia come funzione cognitiva, che ovviamente coinvolge il pensiero, la memoria e l’attenzione. Ma non è solo linguaggio. Il logopedista infatti si occupa della rieducazione dei disturbi della comunicazione e di deglutizione, quindi di disfagia.
Ovvio è che per me lo studio della patologia del linguaggio è stato il primo interesse nel percorso che mi ha portato dalla linguistica alla logopedia. Ho intrapreso questo cammino dalla filosofia del linguaggio, alla linguistica ed infine alla logopedia, come se fosse una prosecuzione naturale, una prosecuzione che prende azione dall’amore per il linguaggio. A questo amore sì è aggiunta la voglia di aiutare coloro che, per questioni patologiche, come nel caso dei miei parkinsoniani, venissero privati, su uno o più livelli, della possibilità di utilizzare il linguaggio in modo funzionale, e dunque di poter comunicare con gli altri e di relazionarsi con il mondo.
Quali sono i primi segnali della malattia di Parkinson che un logopedista può identificare?
Sicuramente uno dei primi segnali che un logopedista può identificare è una riduzione dell’intensità in fonazione, ossia una voce bassa dovuta ad una dispercezione del proprio volume vocale; cui possono aggiungersi imprecisioni articolatorie e deficit prosodici. La voce è quindi bassa e tendente alla monotonia. Infatti una delle problematiche vocali nella MP risiede nell’impoverimento dei tratti soprasegmentali, che sono il veicolo fondamentale di informazioni e significati oltre che semantici, emotivi. La voce perde in questo modo la sua potenza comunicativa.
Voce e Parkinson: un aspetto che secondo te riceve una attenzione adeguata e il giusto spazio nel corso delle terapie riabilitative tradizionali?
Si, voce e Parkinson! Già James Parkinson, nel suo An Essay on the Shaking Palsy del 1817, scriveva nella descrizione dei sintomi : “his words are now scarcely intelligible”. Egli richiama il concetto di intelligibilità. In tale concetto, dal punto di vista linguistico rientrano – in un gioco di equilibri tra parlante, ascoltatore e contesto dello scambio comunicativo – la correttezza articolatoria e l’uso adeguato del segnale linguistico, ossia l’uso adeguato della voce. Ma proprio in questo equilibrio risiede già il primo problema, quello della consapevolezza. Il malato di MP non è più in grado di regolare il proprio volume vocale, a causa di una dispercezione dell’intensità della sua stessa voce. Questo fa sì che la persona con MP, non sia più in grado di modulare il volume vocale in base al contesto dello scambio comunicativo e che non sia consapevole del fatto che la voce sia effettivamente bassa, rendendo difficile la percezione, la decodifica, l’intelligibilità del messaggio linguistico al suo ascoltatore. Il secondo problema sta nel fatto che, non riconoscendo lo scarso volume della propria voce come problema, il paziente con MP raramente decida di richiedere l’intervento di uno specialista. Difficilmente il paziente si rivolge spontaneamente al logopedista. Spesso nel primo incontro sento dire dai miei pazienti: “Non sono io a parlare piano, ma è mia moglie/marito che è diventata/o sorda/o!”.
È insomma chiaro che il lavoro sulla voce deve partire innanzitutto dalla consapevolezza. La voce, infatti, rientra a pieno titolo nel trattamento riabilitativo logopedico della MP, rivestendo un ruolo centrale nella presa in carico. È anche al centro di un metodo di elezione nel trattamento del deficit vocale nella MP, cioè il Lee Silverman Voice Treatment (LSVT®). Il LSVT® è un metodo americano, la cui efficacia è dimostrata da evidenze scientifiche, che può essere utilizzato solo da terapisti abilitati e certificati. Dalla mia personale esperienza, come logopedista certificata, ho verificato la sua validità, dovendo però osservare che tale metodo non sempre sia facilmente attuabile, poiché richiede una grande motivazione e costanza da parte del paziente nell’allenamento vocale.
Ovviamente non si tratta solo di problemi fonatori. Ne hai menzionati molti altri…
Purtroppo no. La MP comporta, oltre ai problemi vocali, difficoltà comunicativo-linguistiche generali, influenzate dalla possibile presenza di disturbi cognitivi e deficit motori che riguardano la muscolatura linguo-bucco-facciale (LBF), quindi articolatoria. Di conseguenza avremo un disturbo nella produzione linguistica, con ipoarticolazione dei suoni – cioè i suoni sono articolati con meno precisione –, da cui consegue ancora una volta una scarsa intelligibilità del discorso da parte dell’ascoltatore. Inoltre spesso accade che il continuo rimando negativo da parte del proprio interlocutore, il fatto cioè di non essere capiti, porti il paziente a una reazione di evitamento di tutte quella situazioni in cui sia necessario parlare (quasi sempre nella nostra giornata!), conducendo a un lento fenomeno di isolamento sociale. Non solo. Le problematiche vocali del distretto LBF comportano un’altra importante, se non vitale, difficoltà: la difficoltà di masticare e deglutire. Dall’incontinenza delle labbra, scolamenti di saliva, lentezza nel masticare, movimenti della lingua inefficaci, fino a veri e propri episodi di soffocamento, comparsa di bronchiti ricorrenti, polmonite; problematiche che, con il corretto counseling e con il trattamento logopedico adeguato, possono essere prevenute e affrontate, anche con strategie, compensi e nuovi adattamenti nel proprio stile di alimentazione.
La micrografia ad esempio, o l’ipomimia, possono essere delle spie del Parkinson? Il logopedista, quindi non opera soltanto al livello dell’emissione vocale…
Effettivamente no, non si tratta soltanto dell’emissione vocale e lo stiamo pian piano scoprendo nel nostro dialogo. Altro aspetto è la micrografia. La micrografia dipende dalla bradicinesia, cioè dal rallentamento nell’esecuzione dei movimenti e dei gesti motori. I movimenti della manualità fine (quelli che usiamo per scrivere) risultano più impacciati, meno ampi. La scrittura diventa piccola, disgrafica, spesso incomprensibile. Altri sintomi di interesse logopedico, correlati alla bradicinesia, sono la scialorrea, cioè un aumento e una alterata gestione della saliva, il rallentamento della muscolatura deglutitoria e l’ipomimia. Cos’è l’ipomimia? L’ipomimia è la riduzione dell’espressività facciale. Il volto del paziente con MP è spesso poco espressivo, per l’appunto ipomimico. Ciò è dovuto da un lato all’ipertonia dei muscoli del viso e dall’altro alla diminuita capacità di modificare l’espressione del volto, sia spontaneamente che volontariamente, rispetto all’umore. Ne consegue ancora una volta la difficoltà a comunicare significati, stavolta attraverso elementi fondamentali veicolati dal non-verbale. Anche in questo caso un lavoro basato sulla propriocezione e sull’allenamento della muscolatura LBF può portare al recupero dell’espressività facciale o a rallentare la perdita della mimica del volto. Ovviamente anche l’esercizio della scrittura, con l’aiuto di tecniche di compenso e facilitazioni, può giovare e rendere la grafia più leggibile e comprensibile.
L’esercizio della scrittura dimostra come l’applicazione del paziente debba essere necessariamente continuativa. Tuttavia sappiamo bene che, per pigrizia e stanchezza, il parkinsoniano spesso manca di costanza o precipita nello scoramento e, di conseguenza, nell’inattività. Esistono allora delle strategie per far sì che il malato non smetta di esercitarsi, sia motivato e, dunque, non perda i progressi ottenuti?
Certamente sappiamo che l’esercizio e la costanza siano fondamentali per ottenere modificazioni nelle proprie abilità e capacità, siano esse in scrittura, in fonazione, in comunicazione in generale e in deglutizione. Non ho io la formula per far sì che il paziente sia costante e si “alleni”, ma forse un lavoro che coinvolga il paziente, il logopedista e il suo caregiver può agire sulla consapevolezza e sulla motivazione. La motivazione, credo, debba essere quella di non arrendersi alla diagnosi di una malattia degenerativa, bensì agire per contrastare e rallentare l’insorgenza di problematiche che da esse possono derivare. Comprendere l’importanza dell’aiuto di specialisti è un passo verso la consapevolezza e la voglia di vivere bene la propria malattia. La motivazione, innanzitutto, dovrebbe essere quella di voler preservare la propria qualità di vita. Nella nostra vita, nella nostra quotidianità, poter parlare, comunicare e consumare un buon pasto in sicurezza occupano sicuramente un ruolo fondamentale.
Parkinson e problemi cognitivi. Un argomento di cui si discute troppo poco. Qual è l’approccio al problema dal punto di vista del logopedista?
La questione relativa al binomio Parkinson/problemi cognitivi è ancora molto dibattuta e certo non può essere affrontata in poche righe. Posso però dire che, dal punto di vista logopedico, il linguaggio stesso, il logos, è una funzione cognitiva superiore, strettamente interconnessa con altre funzioni cognitive quali ad esempio la memoria e l’attenzione. Nelle prove di fluenza lessicale mi capita spesso di osservare nei miei pazienti lentezza nell’esecuzione del compito e difficoltà di accesso al lessico, sia per categoria fonemica che semantica. Indice di compromissioni del sistema linguistico. Come sempre l’esercizio e lo stimolo continuo, sia nella stanza di terapia, che nella propria quotidianità, sono la chiave per la gestione delle problematiche, anche di tipo cognitivo.
Ti ringraziamo sinceramente, Silvia, per le tue risposte puntualissime e preziose. In definitiva la logopedia è una parte imprescindibile del cammino riabilitativo per la malattia di Parkinson, e uno strumento in grado di migliorare davvero la vita dei malati e di chi vive loro accanto. Per concludere, hai dei consigli e/o suggerimenti per chi affronta questa patologia ogni giorno, come malato o come caregiver?
Grazie a voi. Spero di aver fornito alcuni spunti su cui riflettere, sperando di poter approfondire insieme le tematiche cui oggi abbiamo fatto solo accenno, ma che sono basilari nella gestione della malattia di Parkinson, gestione all’interno della quale il ruolo del logopedista gioca la sua importanza. Ai caregiver suggerisco di continuare a spronare sempre il malato di malattia di Parkinson, rivolgendosi loro stessi, in prima persona, all’aiuto di specialisti che sapranno fornire risposte alle loro domande per poter gestire al meglio il loro ruolo così fondamentale. A loro, e soprattutto ai malati di Parkinson, consiglio di non lasciarsi “sovrastare” dalla paura o dalla stanchezza, ma di affrontare con resilienza le proprie difficoltà, non da soli, ma con l’aiuto di specialisti, avendo come obiettivo una migliore qualità della propria vita.
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Complimenti Silvia, per aver dato voce ad tema così importante e diffuso come la malattia di Parkinson, soprattutto con un linguaggio molto chiaro e professionale.
Tutta la mia ammirazione alla Dottoressa Silvia Iacovella: questa intervista è rivestita di mirabile professionalità e sostanziata da sublime umanità e alta consapevolezza della propria “mission” . Interessantissima è la riflessione sulla connessione tra parola e pensiero ed encomiabile la accorata raccomandazione a non soccombere alla paura e allo sconforto. Complimenti e grazie
Buonasera,
molto interessante, complimenti.
Cordiali saluti,
Luigi